Poi succede che un pomeriggio afoso, che sei in casa a sbrigare faccende, decidi di ascoltare con l’air pod l’intero album di Claudio Baglioni che ha accompagnato e, ahimè, segnato tutta la tua adolescenza: Questo piccolo grande amore.
Fu uno dei primi Lp che comprai, allora tredicenne. Era diverso, perché aveva una trama, c’era tutta una storia. Dall’incontro, agli amici al bar, al fidanzamento, il matrimonio, il tradimento e la passione. Non si usava. Fu il primo. E mentre lo ascoltavi ti scorrevano davanti le immagini, come in un film, dove la protagonista eri tu insieme all’innamorato di turno.
Credo di averlo consunto con l’uso. Avevo in camera uno di quei grossi mobili con la radio sotto e sopra, sollevando il coperchio, il giradischi. Aveva pure un aggeggio, un grosso cilindro, dove potevi appoggiare fino a dieci 45 giri che calavano uno a uno come se avessi il dj.
Si usava nelle feste per ballare ed evitare che il solito sfigato passasse il pomeriggio dietro a un tavolo col giradischi.
C’erano alcuni brani che mi prendevano il cuore, che mi emozionavano e li cantavo a squarciagola, con tutti i sentimenti, fra lo sgomento dei miei genitori e dei miei fratelli che avevano la loro stanza comunicante con la mia con una porta, rigorosamente chiusa, appunto, dal giradischi/casciabbanco.
Loro. Che ascoltavano rigorosamente rock d’importazione, dai Beatles ai Rolling Stones, passando poi per i Led Zeppelin, i Deep Purple, i Doors, gli Who! Di italiano mio fratello Massimo comprò solo il primo disco di Battiato, completamente sconosciuto, e in piena fase di sperimentazione. Si chiamava Click, e non c’erano due note consecutive assonanti. Insomma, la mia musica, e peggio ancora, il mio cantare, li faceva vomitare.
Altro mio disco dell’epoca era l’LP di Gilbert O’Sullivan, autore della sdolcinatissima Alone Again, Back to front, una delle poche concessioni alla musica straniera che entravano nella mia stanza.
Poi ci fu la stagione di James Taylor, Crosby, Still, Nash & Yang, Vecchioni, Battisti, Claudio Lolli, De Gregori, Bennato e Venditti.
Ma torniamo a noi.
Succede che Baglioni, nelle orecchie, con le sue storie, ti fa affiorare tutta la tua adolescenza, con i ricordi che emergono in velocità tamponandosi l’un l’altro per scegliere quello che ti deve fare più male.
E sono una marea perché io, una ragazza tranquilla, a modino, non lo sono mai stata. Ho girato mille ambienti, fatto mille cose, ho cominciato a lavorare che avevo tredici anni, ho avuto sempre una mia indipendenza con la quale mi mantenevo un’altra casa in cui poter assaporare un po’ di tranquillità.
Chi ha un malato in casa sa bene che la vita scorre in modo diverso e che, ogni tanto bisogna evadere. Ciò nonostante, ho solo ricordi bellissimi, struggenti, di atmosfere magiche, viaggi in barca, regate, discoteche (quella del Tennis su tutte), conoscenze di persone interessantissime ed estremamente attraenti.
Così, un placido pomeriggio afoso di faccende domestiche, si trasforma in un rigurgito di nostalgia che ti arriva in gola soffocandoti. Ma chi me lo fece fare?
Lo so che è sbagliatissimo, soprattutto se il tuo presente è sereno, se hai una bella famiglia, un marito adorabile che, come un meteorite, ti ha trasformato la vita, un figlio che ti odia ma che rispetta i suoi 22 anni e mezzo, l’agiatezza e tutto il resto… Cosa sono? Una cretina irriconoscente?
Ma, se potessi, tornerei indietro di corsa, ai miei 16, ma anche 18 o 20 anni, assolutamente spensierati, pieni di sole, mare e barca a vela.
Paolo perdonami, niente di personale, ma il potere evocativo della musica è straordinario, e la colonna sonora della mia vita mi aiuta a srotolare i ricordi mentre il cuore sussulta.
Ti amo. Anche perché mi sopporti.
Brava, che sarebbe il presente senza i ricordi del passato?
(il presente di uno smemorato!)
Belle foto, che sanno di avventura.
Ogni tanto mi sento una di quelle vecchiette che perde la “memoria breve” e rimpiange la sua infanzia!