Domani è Pasqua. Si fanno bilanci mentre un miliardo di ricordi si tamponano nella mia testa per venire a galla.
La prima Pasqua senza Massimo che tre giorni fa avrebbe compiuto settant’anni.
Quando, durante le visite guidate di Villa Pottino, racconto della nostra infanzia vedo gli sguardi fortemente meravigliati dei visitatori. E mi rendo conto di come, fino a un certo punto della mia vita, io sia stata fortunata.
La famiglia di mamma era un grande clan matriarcale. Erano sette sorelle e un fratello, e noi eravamo diciannove cugini. Di tutte le età, e fra i più grandi e i più piccoli c’erano più di vent’anni. La zia Luciana Longo, la più piccola delle sorelle, partorì il suo penultimo figlio in contemporanea ad Alessandra, nipote di Letizia, una delle sorelle grandi!
Maria e Letizia, possedevano due giardini bellissimi, villa Ajroldi e villa Pottino, in piena città. Andarci a giocare era normalità per noi, che spesso ci vedevamo lì come per un tacito appuntamento.
Quante ne abbiamo combinate sul ficus della zia Mimmi, e sul pilastro di tufo con l’enorme agave di casa Ajroldi.
Per non parlare delle scorribande in bicicletta, arrivando anche “in fondo in fondo” dov’era proibito andare da soli.
A Pasqua c’era un rito: la caccia delle uova. Le zie si univano e compravano un’intera scatola di uova di Pasqua, da quelle di zucchero, che ora quasi non vedo più in giro e che mettevano a dura prova i nostri denti, a quelle più grandi, incartate e luccicanti. Poi si sceglieva uno dei due giardini, e noi venivamo rinchiusi in una stanza mentre loro nascondevano, in una parte circoscritta della villa, fra i rami più bassi, nei cespugli e in mezzo al prato, tutte le uova a noi destinate. Quindi via libera, con un cestinello di paglia, a raccoglierle, con gli occhi illuminati dalla gioia e dall’eccitazione per quel gioco golosissimo.
Durante la caccia delle uova ritrovavi cugini di secondo e terzo grado che non vedevi quasi mai, ma necessari per rincalzare quelli che, ormai, si ritenevano troppo grandi per giocare con noi, ed era comunque un grande happening!
I nostri festeggiamenti erano tutti in queste due case, le uniche capaci di contenere l’intera tribù E trovo le foto dei miei fratelli alle tombole di casa Pottino con lo zio Gaetano, in genere burbero e serioso, impegnato a chiamare i numeri della tombola con battute improbabili. Non dimenticherò mai le filastrocche che sciorinava a me e a mio cugino Eugenio, il più piccolo degli Ajroldi, mio coetaneo, anche lui assente da tempo dalla nostra famiglia: “Pildo Poldo e Baffo d’or, Geraldina è come un fior, Pildo Poldo e baffo blu, il mio Neno c’ha il cucù”…
Le mie foto in posa con papà che, grande fotografo, aveva sempre la casa piena di gente, del cinema, del teatro, della musica.
La befana dell’I.R.F.I.S., con i giocattoli scelti un mese prima nei più bei negozi cittadini, e che agognavamo con quel desiderio che nei bambini di ora non esiste più.
Il suo sodalizio con Renzino Barbera che lo portò anche in Rai, con le sue musiche e la sua abilità con gli strumenti più moderni e sofisticati.
L’incontro con il figlio di Rossellini, anche lui regista, con Cristaldi, suo fraterno amico, con Faele Sposìto, autore televisivo di successo, Franchi e Ingrassia, importanti prime ballerine e compagnie di danza internazionali, e il Quartetto Cetra, con cui lui e Renzino, e anche io, bambina, girammo un programma sulla Targa Florio proprio a Palermo, per Rai 2.
Prima, il mio primo cane, uno pseudo barbone nero a cui non abbiamo mai avuto il cuore di tagliare la coda come si usava allora (era il 1963 ed era un diktat della razza, pensate a quanto eravamo avanti!), e che era l’incentivo per convincermi ad andare in prima classe. Cosa che, nonostante il cane, non feci mai, frequentando due volte la seconda, al Petrarca, in una scuola, naturalmente privata.
E le vacanze a Monteoliveto, tenuta di campagna di famiglia, vicino Nicosia,
dove passavo le giornate nel recinto del pollaio giocando con galline, anatre e conigli, motivo per cui non li ho mai voluti mangiare!
E le amiche di scuola, di giochi, di mare, di danza, con i saggi scritti da papà…
Fino al momento del grande “crack”, cioè dell’ictus di papà. Ma quella è tutta un’altra storia…
Sssicilia “nostra”…ne ricordo dall’infanzia al 2002…che meraviglia, Geraldina…. Ma…forse…malgrado tutto…siamo fortunate ancora…é che nel mezzo (e forse oltre il mezzo…) del cammino di nostra vita la via si fa in salita…. più ricca di memorie… e forse più forte e tenace nelle speranze… Te lo auguro, me lo auguro, con viva cordialità….