Da sempre gli italiani sono un popolo di inventori, naviganti e poeti, ma anche immunologi, dottori, ingegneri che costruiscono ponti, criminologi, psicologi, costituzionalisti e tutto ciò che il momento richiede.
Questo è quello dei velisti, strateghi, timonieri, randisti e velai.
Così abbiamo tutti la sveglia puntata alle 4 del mattino e commentiamo sui social ogni partenza, ogni bordo e ogni virata.
Le due prove dell’alba di stamattina potevano essere decisive. Avendole perse entrambe si spera che Luna Rossa si rimetta a camminare e riporti la situazione in pari. E conoscendo la volitività di Checco sono certa che alla prossima regata la grinta non mancherà.
Che poi, parliamoci chiaro, i nostri ragazzi sono già entrati nella storia perché credo che nessuno sfidante, di tutte le nazioni, sia mai arrivato a vincere tre prove della Coppa America. In genere i defender, di qualsiasi continente, facevano un cappotto o quasi, magari lasciando ai poveri contendenti una prova per consolarli.
Però, la voglia di commentare, come dice mia cugina, seduti sul divano di casa, è impossibile da trattenere.
Ricordo che ai tempi di Azzurra prima, e del Moro di Venezia dopo, il mio macellaio discuteva di bompresso e strambate con i clienti.
E forse è anche questo il bello di queste manifestazioni così intercontinentali, l’avvicinare alla vela molta più gente di quanto non sarebbe possibile normalmente. Ricordo che quando allenavo perdevo per strada tutte le ragazzine. Le compagne di classe, le amiche, infatti, giocavano a pallavolo, pallacanestro e altri sport che potevano essere seguiti dai fidanzatini o dagli amici, che le mettevano in mostra con le gambe di fuori e le magliette attillate.
Ma avete mai visto una ragazza che si appresta a uscire per un allenamento in inverno? Sembra l’omino Michelin, fra mute, giubbotti, cappellini e guanti. E quando torna, bagnata fradicia, con i capelli che penzolano come spinaci, è anche peggio.
E poi le regate, se non eri in acqua, in gommone, non avevi modo di seguirle. Pensate che i giudici di regata sono gli unici arbitri di uno sport riconosciuto dal CONI che non hanno neanche un gettone di presenza quando vanno a dirigere una competizione. E perché? Perché non c’è un pubblico pagante. Veramente non c’è nemmeno un pubblico gratuito. Non c’è nessuno. E basta.
Adesso, queste regate tecnologiche, come quelle di Laser di mio figlio, possono essere seguite anche da terra, dal divano di casa, appunto, sugli schermi di uno smartphone, che dà una visione chiarissima di ciò che succede in acqua. Capisco bene che l’onda, la raffica o la regolazione di una vela non si colgono, ma la tattica sì. E se solo ne capisci qualcosa ti viene di commentare una manovra che ritieni azzardata. Naturalmente con rammarico e grandissimo patema d’animo, cercando di incoraggiare chi sta timonando, naturalmente senza urlare perché sempre le quattro del mattino sono, ma con veemenza.
E una mamma non si deve seccare se il popolo commenta. Così come la moglie dell’arbitro non deve andare allo stadio ad assistere alla partita amministrata dal marito. Perché ARBITRO CORNUTO glielo urleranno di sicuro.