Ho vissuto sessant’anni della mia vita – praticamente tutta – nella convinzione che la nostra famiglia fosse composta dalle sorelle di mamma, relativi mariti e figli.
Siamo già una caterva: si parte da cugini settantenni e più agli ultimi di quaranta. Figli, mogli, mariti, secondi mariti, seconde mogli e nuovi figli. E chi li cercava altri parenti? Se poi a questi aggiungiamo quelli di secondo e terzo grado che abbiamo sempre frequentato si può capire perché le nostre riunioni familiari si facessero solo a casa Pottino o a casa Ajroldi.
E questa parentela era menomata da una sorella nubile, un fratello che si è sposato a sessant’anni e due sorelle senza figli.
Ma la famiglia cresce, e non solo in verticale, come ogni buon albero genealogico vorrebbe, ma in orizzontale.
E così che, nell’occasione dei quarant’anni dalla sua morte, scopro che ci sono altri nipoti che lo chiamano “Zio Cesare”. La gelosia mi mangia un po’, ma so che ne hanno diritto quanto me. Ho sempre saputo dei fratelli Terranova, anche se vivevano lontani. La sorella per me era “zia Franca”, nubile e simpaticissima. Conoscevo Tullio, la cui voce mi impressionò quando morì lo zio perché era identica, e sapevo che aveva dei figli, due, per l’esattezza, Vincenzo e Francesca. Ero informata dell’esistenza di un altro fratello, Francesco, ‘ntiso Ciccio, ma ignoravo che avesse dieci figli, con due mogli, di cui una straniera.
Ed ecco creata una chat di gruppo per onorarne la memoria e organizzare convegni, mostre e video per farlo conoscere anche ai più giovani.
Cominciamo a chattare, ci contattiamo telefonicamente per capire cosa fare e, come si dice in questi casi, ci “annusiamo”.
Scopriamo presto che ci piacciamo e si progettano incontri e visite, ospitate e gite a Petralia di cui lo zio era originario.
Cominciano gli scambi di foto, di messaggi e di video. Del resto io, in questi anni, ho fatto parecchio scruscioper parlare di lui. Visite nelle scuole medie, convegni, ospitate sui palchi dei teatri dove si parlasse di mafia e di antimafia. Ma anche Francesca mi manda un video in cui interviene in un convegno sui magistrati uccisi organizzato dall’A.N.M. e si sente che si emoziona nel ricordarlo. Ecco! Questo ci accomuna tutti: l’EMOZIONE.
E io non devo pensare che c’è in questo disegno lo zampino dello zio Cesare? Sono certo sia con zia Na, adesso, che continuino a flirtare e che lui la chiami “Pupina”, come faceva in casa, in confidenza. E sono certa che sorridendo ironico, con una espressione che non dimentico, la guardi strizzando gli occhi e dicendole: “Hai visto che ho combinato?”