La mia mamma soffriva di vertigini e la montagna le dava l’ansia per un naturale senso di “chiusura”. Papà amava le città, d’arte, di cultura, di turismo, e i nostri viaggi familiari vertevano solo su quelle.
Io andavo per mare e facevo regate, poi sposai (se ne fanno minchiate) un pescatore subacqueo e proseguii la mia vita dentro l’acqua.
Di montagna manco l’ombra fino alla mia separazione a ventotto anni, momento in cui decisi, per “sfregio” di esplorare altri mondi. Quindi cominciai ad andare in montagna d’inverno per scoprire, da adulta, che sciare è bellissimo e che ti dà la possibilità di osservare la natura in luoghi incontaminati e, altrimenti, non raggiungibili se non con gli sci ai piedi. Da lì la curiosità di vedere come mutava il paesaggio senza neve, il passo è stato brevissimo.
Sono passati trent’anni e non ho mai saltato né un appuntamento estivo né uno invernale.
I panorami, il respiro e la gioia che ti dà affacciarti da un belvedere sulle Dolomiti (le MIE montagne) credo sia irripetibile e incomparabile.
Ma quest’anno non si potrà…
Abbiamo comprato l’appartamento sopra il nostro che era dei genitori di Paolo, riscattando dai fratelli le altre quote. E stiamo ristrutturando, gettando in un pozzo senza fondo, tutti i nostri risparmi e anche qualcosa in più…
Così ci godremo una piena estate cittadina fra “pruvulazzo” e calcinacci, mattonelle e bidet. Niente male come prospettiva.
Poi, però, salgo sopra a vedere a che punto sono, mi affaccio e il mio cuore palpita emozionato, e paragono Monte Pellegrino alla Marmolada, Monte Cuccio al Civetta e, in lontananza, le Madonie alle Pale di San Martino di Castrozza.
E il mare là in fondo con le gru? Il lago di Carezza.
E mi sento felice pensando che in fondo stasera, anche a 38° potrei cucinare canederli in brodo, gulash suppe e strudel caldo con la crema di vaniglia!