Che poi è anche il nome che veniva dato ai luoghi dove, clandestinamente, si torturavano i dissidenti in Argentina prima di farli sparire.
Almeno Giulio Regeni ce l’hanno fatto ritrovare. Come fosse stato “investito”, ai margini di una trafficata autostrada.
Ho pubblicato un post, su Facebook, in cui riportavo gli esiti dell’autopsia su questo povero ragazzo, richiesta dai genitori che, naturalmente, non hanno creduto all’ipotesi dell’incidente stradale.
Ci sono stati 200 commenti e 260 condivisioni.
Non me lo sarei mai aspettato.
Ma evidentemente la gente ha bisogno di leggere questi orrori, di frugare con l’immaginazione nei particolari più macabri. E tutto ciò mi ha lasciato dubbiosa, perplessa. Non sempre ho capito condivisioni e commenti.
Io l’ho pubblicato anteponendo un VOGLIO, proprio così, tutto maiuscolo, per spingere chi leggeva a pensare ai poveri genitori. Mi sono immedesimata nell’orrore che questa madre deve aver provato leggendo questi referti, e volevo che tutti fossero vicini a quella madre e a quel padre che devono essere rimasti impietriti, senza respiro, davanti a tanta brutalità.
Nessuna morbosità, come deve aver pensato qualcuno, solo la voglia infinita e insoddisfatta di abbracci, di stringimenti forti, di asciugare delle lacrime che non smetteranno mai di scorrere, che non daranno mai pace. Perché come ci si può rassegnare a una fine così? A pensare di non essere stata vicina a tuo figlio mentre agonizzava in un fosso?
In tanti hanno condiviso il mio post. E spero che lo abbiano fatto senza pensieri eccessivi, anomali o patologici, ma solo con amore. Come volevo fare io.